Le riforme agricole e forestali del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo



Una breve analisi sulle riforme in campo agricolo e forestale di uno tra i più lungimiranti e illuminati sovrani nella storia europea. Buona lettura.


L’arrivo della dinastia Asburgo-Lorena nella Toscana di metà 700 ha segnato l’inizio delle riforme portando quello che era uno stato arretrato a diventare un’influente stato  sulla scena Italiana ed Europea.
Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena (1742-1791)
Le riforme apportate da Pietro Leopoldo furono varie e riuscirono a coprire quasi tutti i campi dell’economia toscana ma una forte spinta all’economia venne data con le riforme del settore agricolo e forestale.
Le riforme presero corpo durante il periodo tra il 1765 e il 1781 e riguardarono l’ammodernamento dell’allora politica agro-forestale, dove vigeva una proprietà in mano a pochi ed una classe contadina a servizio dei grandi proprietari (si stima che ¾ del suolo toscano fosse in mano allo stato, la chiesa e terre comuni a borghi e villaggi, il restante era suddiviso tra vari proprietari e signori).


Le riforme agrarie
La legge frumentaria del 1767 emanata dal Granduca ebbe luogo dall’inchiesta statistica avviata su tutto il territorio toscano nel 1766 in cui fu analizzato ogni aspetto dell’economia locale secondo la filosofia del “conoscere per provvedere” che fu alla base del governo di Pietro Leopoldo.
L’urgenza di questa riforma si fece sentire soprattutto per la carestia che affliggeva il Granducato in quei tempi, le politiche medicee erano rimaste ai tempi di Cosimo I (1500) e avevano paralizzato il mercato agricolo e forestale locale.
Il Granduca quindi decretò l’abolizione di ogni tassa sul pane, abolizione dei dazi sul frumento, libera circolazione delle merci all’interno e all’esterno dei territori Granducali  e la possibilità dei privati cittadini di poter conservare i frumenti favorendo cosi le importazioni, la circolazione delle merci e velocizzando la risoluzione al problema della carestia.
Con successive leggi furono inoltre riformati i campi dell’esattoria, che passava da soggetti terzi per conto dello Stato direttamente in mano allo Stato, la tassazione delle proprietà granducali, finora esenti, e la limitazione dei diritti di manomorta abolendo l’inalienabilità dei terreni appartenenti allo stato, alla chiesa e ai nobili. Fu proprio il Granduca stesso che cedette alcune sue proprietà per favorire una realtà contadina contrapposta alla mezzadria.
La riforma agraria attuata permise anche la modifica dei contratti agricoli introducendo il diritto di affrancazione favorendo cosi l’acquisizione del terreno da parte del contadino, riuscì inoltre a riformare anche un’antica usanza della Maremma, quella del pascolo libero. Era infatti proibito ai tempi, per i proprietari, il poter recintare i propri terreni in quanto le bestie dovevano pascolare liberamente; ciò sfociava spesso in danni ai raccolti e all’inselvatichimento del bestiame.  La nuova riforma però portò inizialmente ad una diminuzione del bestiame allevato, ma tramite le riforme forestali si riuscì a mantenerne costante il valore di questo settore.

Le riforme forestali
Per quanto riguarda il settore forestale bisogna fare una piccola premessa. Erano in vigore ai tempi particolari leggi varate dal casato Mediceo che nei secoli aveva portato ad un caos burocratico rendendo difficile se non impossibile in alcuni casi il taglio dei boschi.
La normativa medicea viene definita come “vincolista” in quanto iniziò a porre vincoli sempre più stretti sul taglio del legname; si pensi che era allora vietato tagliare sulle cime degli appennini per un miglio sia da un fianco che dall’altro del monte e che era proibito l’abbattimento di farnie, roveri, roverelle, cerri, lecci, castagni, estirpare le ceppaie ed un monopolio di acquisto di carbone e legname da parte della magona del ferro, vennero inoltre fissate delle tasse e delle licenze per il taglio dei boschi e dei turni minimi.
Con un proprio regolamento era la montagna pistoiese, che doveva fornire grandi quantitativi di legname ai forni e alle fonderie (circa 1000 tonnellate al mese).
Con l’editto del 20 Gennaio 1776 qui riportato, il Granduca Pietro Leopoldo liberalizzava il taglio boschivo abolendo le varie licenze e definendo aree ben precise con divieti di taglio. Il problema dell’autorizzazione al taglio era di un certo impatto sull’economia locale in quanto la richiesta andava effettuata a più autorità per l’approvazione. Anche l’abolizione dei diritti di manomorta andava ad aprire il mercato forestale, favorito dall’editto del 1770 (liberalizzazione del commercio di legname).
Va però inteso che alcune limitazioni rimanevano sempre; ad esempio il divieto di estirpazione di alcuni tipi di bosco nonostante con il passare del tempo si riuscì a recuperare superfici agricole a scapito di quelle forestali.
È di questo periodo inoltre la fioritura della castanicoltura in Toscana, settore che tutt’oggi sopravvive seppur con le sue enormi difficoltà e del pascolamento in bosco dei maiali (soprattutto nel senese) con la creazione di boschi da ghianda veri e propri pascoli arborei.  
Un altro effetto che si verificò durante i 25 anni di regno di Pietro Leopoldo e che diede forza all’economia agricola fu la nascita di numerosi poderi con caratteristiche simili a quella che oggi verrebbe definita un’azienda agricola multifunzionale.
Insieme ai classici metodi selvicolturali del tempo si vengono a formare nuovi tipi di colture associate al bosco come gli arbusteti a turno quinquennale e gli ericeti per la coltivazione del ciocco d’erica; si crea cosi un impresa contadina basata non solo sull’allevamento o sull’agricoltura come avveniva in epoca medicea, ma che può contare anche su legname e prodotti derivanti dal bosco.



Editto 20 gennaio 1776. Disposizioni relative ai boschi del Granducato di Toscana.

Pietro Leopoldo
Per grazia di Dio
Principe Reale di Ungheria e di Boemia
Arciduca d’Austria
Granduca di Toscana &c.&c.&c.

Essendo Noi persuasi che la conservazione delle Boscaglie interessa principalmente i Possessori, e che le leggi proibitive del taglio di diverse specie di piante, pubblicate in varj tempi dai Magistrati, e Tribunali con approvazione dei nostri Reali Predecessori, ledono i diritti della proprietà, ed espongono i Possessori a frequenti vessazioni, e processi, non per altro motivo, che per quello d’aver omesso di chiedere una licenza, te non gli sarebbe stata negata;
E volendo porvi l’opportuno riparo, ci siamo determinati a restituire ai Possessori, conforme col presente Editto restituiamo la facoltà tolta loro dalle Leggi suddette, di tagliare, senz’obbligo di chiedere alcuna licenza, Quercie, Farnie, Istie, Castagni, Olmi, Pini, e generalmente qualunque altra sorte di piante, e di boschi di loro pertinenza in qualunque parte del Gran Ducato, a riserva che nei luoghi infrascritti:
Negli Appennini dentro al miglio dalla cima dei medesimi dall’una, e dall’altra parte, non compresa però la montagna
di Pistoia, per la quale abbiamo dato disposizioni particolari colla Legge del dì 14 agosto 1775.
Nei Circondarj delle Macchie riservate agli Edifizj della Magona del ferro situati nella Maremma Senese e Pisana, e nel Vicariato di Pietra Santa.
Nelle Macchie addette alle Moje del sale di Volterra; intendendo, che rispetto ai Circondarj, e luoghi sopraccennati non sia fatta innovazione alcuna, e si osservi quanto si dispone dalle Leggi veglianti.
Vogliamo parimente, che resti nel suo pieno vigore e osservanza la Legge dei 3 marzo 1769, riguardo ai Pini salvatici a favore dell’Uffizio dei Fossi di Pisa.
Confermiamo la proibizione d’arroncare, far cetine, o addebbiare, e seminare in tutti quei luoghi, nei quali dalle Leggi veglianti sono proibite tali operazioni, o lavori sotto le pene imposte dalle Leggi suddette, dichiarando, che da qui avanti non saranno accordate le licenze di arroncare neppure nelle Alpi di S. Gaudenzio, non ostante l’Editto dei 6
settembre 1769, che resta intieramente revocato, ed abolito.
Parimente confermiamo la proibizione dell’estrazione dalla parte di Mare, tanto del legname da Costruzione, o da Magistero, quanto del carbone e legna da ardére, e di qualunque altra sorte di lavorazione, senza aver ottenuta, anco prima di tagliare, la licenza dell’estrazione suddetta, e pagarne la tassa, o sia tratta dovuta alla cassa de’Boschi nelle solite forme.
Tale è la nostra volontà di cui comandiamo l’inviolabile osservanza, derogando a qualunque Legge, Statuto, o Consuetudine in quella parte, che fosse contraria a quanto sopra abbiamo disposto. 





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