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Tecniche di misurazione del volume dei tronchi




Per la misurazione del legname tondo (tronco) esistono  al mondo ben undici formule per il calcolo del volume ed innumerevoli tavole atte a tale scopo. Ognuna di queste risulta maggiormente popolare in una determinata area del mondo e spesso la scelta di una di queste è influenzata dal tipo di azienda e compagnia che vi opera.

Le formule suddette sono le seguenti:
- Formula per il calcolo del volume cilindrometrico
- Japanese Agricultural Standard Scale (JAS scale)
- GOST 2708-75 (Russia)
- Regola di Doyle
- Regola Internazionale 1/8 di pollice e 1/4 di pollice
- Regola di Roy
- Regola decimale C di Scribner
- Formula dell'Ontario
- Formula di Nilson (Estonia)
- Formula Lituana
- Hoppus (Inghilterra)

Formula per il calcolo del volume cilindrometrico
La formula cilindrica è la formula più utilizzata e veloce per effettuare le misurazioni. Ciò ovviamente non vuol dire che sia il metodo più accurato e preciso e non dovrebbe essere usato per calcolare i volumi di tutte le essenze arboree data la diversità di forma presente tra specie.  Questa formula  è spesso utilizzata per il calcolo del legno per cartiera e legna da ardere nell'Europa Centrale.
Formula:
V = (π/4) x d² x h

 dove π =3,14 - d = diametro mediano - h = altezza.

Il calcolo del diametro mediano può avvenire speditivamente  misurando il diametro a metà tronco oppure in manierà più accurata mediante misurazione del diametro alla base, alla testa e a metà del tronco e da qui estrapolare il valore medio.

JAS Scale
La Japanese Agricultural Standard Scale è stata creata per misurare il legno tondo a fine anni  40 ed è divenuta popolare in Asia, Oceania e parte del Sud America. Usata da compagnie che esportano il lengame in Cina e Giappone.

Formula:
Per tronchi inferiori ad una lunghezza di 6 metri:
V(m3) = (D²*L)/10000
Dove:
D - Diametro in testa (cm), per diametri inferiori a 14 cm questi vengono arrotondati a tale numero, per diametri superiori a 14 vengono arrotondati al numero decimae più prossimo.
L -  lunghezza (m)

Per tronchi uguali o superiori  a 6 metri:
V(m3) = (D + [L'-4]/2)^2*(L/10000)
Dove:
D - Diametro in testa (cm),  come per il precedente caso .
L - Lunghezza(m)
L' - Lunghezza in metri approssimata al numero più vicino

GOST 2708-75
La Interstate Standard GOST 2708-75, detta anche “Legno tondo. Tavola volumetrica” fu creata dal governo sovietico nel 1977, nella quale il volume standard del tronco era determinato dal diametro in testa e la lunghezza di questo. Attualmente ancora in uso in  Russia ed alcune nazioni CIS come standard di qualità per le  misurazioni dei tronchi.

Regola di Doyle
Tale formula è stata ideata nel 1825 ed è usata nelle aree East e Centrali del Nord America.

Formula:
volume bf  = (diametro in testa in pollici - 4)² x lunghezza /16
"bf" indica il termine inglese "board foot" = rappresenta un blocco di legno di misura 1 piede × 1 piede × 1 pollice, ma in realtà rappresentano volumi e/o dimensioni che sono significativamente differenti a seconda del prodotto che viene misurato come tronchi o legna da ardere.

Formula internazionale 1/4’’
Pubblicata nel 1917 ed usata principalmente in nord america, di comune uso nel New England e nelle regioni del Quebec. Viene utilizzata anche dal servizio forestale degli Sati Uniti.

Formula:V = (0.199 x diametro in pollici²) - (0.642 x diametro in pollici);
Dove:
V = volume in board feet per una sezione di 4-piedi
D = diametro medio in testa per una lunghezza di 4 piedi 


Regola Roy
Usata nella provincia del Quebec. Accurata per tronchi di lunghezza di 14 e 16 piedi.

Formula:
BF = (d - 1)² L / 20
Dove:
BF = board feet
d = Diametro escluso la corteccia del tronco in testa
L = lunghezza in piedi

Formula decimale C di Scribner
Usata nel Midweste e nelle regione del Nord nel NordAmerica. Pubblicata nel 1945 dall'Università del Minnesota e si avvale di una tavola apposita.

Formula:
(0.79*D² - 2D - 4) * L/16 = FBM (foot board measure) arrotondata al 10 più vicino (313 ~ 310, 317 ~ 320 etc.)

D – diametro in testa del tronco in pollici, arrotondato di mezzo punto sotto se con decimale inferiore a 0.5
L - lunghezza in piedi.

Formula dell'Ontario
Usata dalle segherie nella  Provincia dell Ontario, usata come formula ufficiale dal 1952.

Formula:
BF = (0.55D² - 1.2D) * L/12
Dove:
BF = board feet
D = diametro interno alla corteccia in testa
L = lunghezza in piedi


Formula di Nilson
Sviluppata da Arthur Nilson per calcolare i volumi di tronchi, molto usata in Estonia. Questo metodo usa sia una formula che una tavola di supporto.

Formula:
cbm = (d² * L*(a1+a2*L)+a3*L²)/10 000
d – diametro in testa
L – lunghezza in decimetri
a1, a2, a3 – coefficenti a seconda della specie.
Pino a1= 0.0799, a2=0.000146, a3=0.0411
Abete a1= 0.07995, a2=0.00016105, a3=0.04948
Faggio ed altre specie simili (carpino e castagno) a1=0.0783, a2=0.000236, a3=0.045
Altre conifere a1=0.0800, a2=0.000154, a3=0.0453

Formula Lituana
Usato dalle nazioni baltiche si avvale di una tavola di cubatura specifica, che rappresenta i valori di 8 specie principali (pino, abete, faggio, pioppo tremulo, ontano nero, ontano grigio, quercia e frassino). I valori di misura includono sia la corteccia, sia possono escluderla.

Formula Hoppus
Questo antico sistema di misurazione dei volumi legnosi è stato sviluppato in Inghilterrae nelle antiche colonie inglesi. Divenuto popolare nel 1736, ancora in uso in Asia, Africa, Sud America e Oceania. Viene usato sia con sistema metrico imperiale che standard.

Formule:

Imperiale:Hoppus ft³ usando la circonferenza = (circonferenza a metà dle tronco in pollici/4)² x lunghezza in piedi / 144
NB!arrotondato al numero intero più vicino ft³

Hoppus ft³usando il diametro  = diametro a metà tronco in pollici² x lunghezza in piedi x 0.004283
  
NB! arrotondato al numero intero più vicino ft³

Hoppus superifice in piedi  = Hoppus ft³ x 12

Hoppus tonellate = hoppus ft³ / 50

Metrico:Hoppus m³ via circonferenza = (circonferenza a metà tronco in cm/4)² x lunghezza in metri / 10.000
NB! arrotondato ai 3 decimali più vicini.

Hoppus m³ via diametro = diametro a metà del tronco in cm² x lunghezza in metri x 0.000061685
NB! arrotondato ai 3 decimali più vicini.


Questo articolo è il risutlato della traduzione della seguente pagina: http://timbeter.com/blog/how-to-measure-roundwood
e di successive aggiunte da parte di chi posta.

La frana di Montepiano - Breve riflessione sull'evento




È di questo Lunedi la notizia della frana avvenuta sulla SP1 di Montepiano, la quale ha interrotto per alcuni giorni la circolazione dei mezzi in entrambe le direzioni. Tale evento è stato in parte oscurato dal contemporaneo cedimento della sponda del lago di Montepiano, ma ha dato risalto a mio avviso ad una problematica piuttosto presente nel settore forestale: la completa ignoranza da parte dei non addetti al settore su quali siano le norme che regolamentano la selvicoltura e cosa voglia dire selvicoltura.

Tale critica nasce dalla lettura di certi commenti all'articolo del Tirreno sulla propria pagina Facebook, tra i quali troviamo riferimenti al "disboscamento" fino a forti indignazioni come "chi sono gli infami che hanno consentito il disboscamento selvaggio?". Considerati tali termini viene naturale pensare che tali persone non abbiano la benchè minima idea di come funzionino i tagli bochivi nè la normativa che li regolamenta. È quindi necessario, a mio avviso, fare chiarezza su alcuni punti.

Per prima cosa in Toscana la materia forestale è regolamentata dalla Legge Forestale 39/00 e dal D.P.G.R. 48/R/03 liberamente scaricabili o leggibili sul sito della Regione Toscana come riportato nei link. Lascio anche questa scheda riassuntiva per chi fosse interessato.
Secondariamente è bene notare come in entrambi i testi non sia mai presente la parola disboscamento e non perchè sia mascherata sotto qualche particolare forma di politichese, ma proprio perchè il disboscamento risulta una pratica non consentita.
Il regolamento è molto specifico su cosa e come si deve fare per intervenire in bosco, questo disciplina infatti epoca, turno e modalità di taglio consentiti previa autorizzazione dell'ente competente (articoli 11-13; le intere sezioni 2, 3 e 4). In tali disposizioni si può notare come ogni intervento effettuabile sia sempre volto alla rinnovazione del bosco e al mantenimento della biodiversità; unico caso particolare riguarda la trasformazione del bosco per uso agricolo, che può avvenire solo nei casi permessi dall'articolo 80 bis del regolamento ed è pevisto per tali interventi (art.81) il rimboschimento compensativo in modo da non perdere mai superficie boscata.


Chiarito questi primi punti vorrei adesso analizzare la foto presentata dal giornale e l'evento oggetto dell'articolo. A primo impatto, si può chiaramente vedere sullo sfondo un'area sgombra da vegetazione arborea (per chi conosce la zona sa che prima le piante arrivavano fino a bordo strada); a primo impatto ciò può far indignare in quanto, sicuramente, un bel bosco di abete ha tutto un'altro effetto visivo che quella distesa brulla. Va però consideratoun elemento non di poco conto: la sicurezza. Infatti il taglio in foto risulta essere un taglio di manutenzione (art.41 del DPGR 48/r/03), effettuato per mettere in sicurezza la strada da un potenziale crollo di alberi; tale intervento si è basato calcolando l'altezza degli alberi e tagliando a raso una fascia di sicurezza pari al rischio di caduta di questi. A mio avviso un ottimo lavoro.
Passando quinidi alla frana oggetto di tanta indignazione, si può dire che questa non deriva da tagli boschivi (sarebbe dovuto franare anche nei pressi della sede stradale data la mancanza di piante ed in quanto non presenti a monte) ma molto più probabilemente da un crollo di alcune piante malate o inclinate o da uno scivolamento del suolo dovuto al peso di queste causato dal forte maltempo, che ha causato i possibili eventi:
- un'occlusione dell'impuvio adiacente che ha formato un'effetto diga;
-  oppure l'apertura di una chiaria dovuta appunto al crollo di alcune piante che lasciando nudo il suolo ha innescato poi l'evento franoso, come dimostrato anche dalle piante riverse in strada;

Detto ciò si  può vedere come il "disboscamento selvaggio protratto da infami" sia totalmente inesistente e che magari prima di sparare a volontà su un settore fondamentale dell'economia rurale come quello forestale (ma ciò riguarda tutti i campi di cui non si è competenti), è buona norma informarsi sul perchè e come funzionano le cose, magari consultando anche un professionista del settore, cosi da evitare di dire immani castronerie in futuro con il rischio di fare disinformazione.

Vorrei inoltre fare una piccola riflessione conclsiava, i tagli boschivi tanto odiati non sono mai la morte del bosco ma la rinascita di questo; infatti dopo un taglio si creano molti benefici a livello naturalistico, aumenta la biodiversità grazie all'arrivo di nuove specie erbacee ed arbustive, aumenta esponenzialmente il sequestro di carbonio in quanto nei primi 10-15 anni gli alberi hanno un forte stimolo di crescita ed accumulano grandi quantità di CO2 per produrre fusto, rami, foglie e radici. È inoltre importante sapere che in aree a forte pendenza come le nostre, i boschi invecchiati, sono un serio problema a livello idrogeologico dato che, spesso, è proprio il peso delle piante con eventi atmosferici di forte intensità a causare lo slittamento del suolo. 
In conclusione va ricordato che la coltivazione del bosco è una pratica non solo storica ma del tutto attuale e rappresenta la prima linea nel mantenimento del nostro patrimonio forestale, cerchiamo quindi di non ostacolarla ma di comprenderla e favorirla.

Luca Bartoli

I 10 alberi più alti del mondo



Anche nei boschi italiani spesso si riescono a scorgere dei giganti, piante rare e di dimensioni mastodontiche che spesso vivono ormai da secoli ma che in confronto ad altri esemplari sparsi per il mondo risultano piuttosto modesti. Ecco quindi i 10 giganti che potrebbero far impallidire anche l'albero più alto che si può trovare in Italia.
Buona Lettura.

10. Eucalipto (Eucalyptus delegatensis)
Situato in Tasmania questo eucalipto raggiunge l’altezza di 87.9 metri rendendola la seconda specie di eucalipto più alta in tutto il genere Eucalyptus. L'unica specie che riesce a superare questa soglia regolarmente in quasi tutti gli individui è l’ Eucalyptus  regnans che raggiunge i 90 metri.
La corteccia è spessa, fibrosa e alla base della pianta crea delle formazioni lanose. Necessita di molta acqua per svilupparsi ed è possibile trovarla tra i 500 e 1500 metri di altitudine nelle isole dell’oceania. Attualmente esiste una sottospecie che si è differenziata dalla specie principale e si trova in tasmania, la E. d. tasmaniensis tipica delle zone sopra i 1000 metri dell’isola della Tasmania.

9. Eucalipto (Eucalyptus globulus)
Con un’altezza di 90.7 metri questo gigante della Tasmania rappresenta un caso eccezionale di crescita per questa specie, considerando che gli altri l’altezza media si attesta intorno ai 45-50 metri.  Questa pianta si può anche trovare nelle nostre zone importata e coltivata per le sue proprietà erboristiche (oli essenziali).

8. Eucalipto (Eucalyptus viminalis)
 Altro eucalipto con una crescita straordinaria,  pari  a 91 metri, situato anche lui in Tasmania.
La specie originaria dell’Australia raggiunge mediamente i 40 metri, le foglie di questa pianta sono il cibo preferito dei Koala e la si trova distribuita nelle aree più fredde dell’Australia e della Tasmania.

7. Yellow Meranti (Shorea faguetiana)

Specie inserita nelle liste dello IUNC come a rischio, originaria del Borneo, detiene il settimo posto grazie ad un esemplare situato nell’area Danum Valley Conservation Area, in Sabah con un altezza di 93 metri. 

6. Sitka Spruce (Picea sitchensis)

Situata nella British Columbia, nel Carmanah Walbran Provincial Park 95 metri di altezza, questa specie grazie alle dimensioni che può raggiungere (anche diametralmente) è ritenuta la quinta specie di conifera più grande al mondo. Il nome deriva dalla comunità Sikta dell’Alaska. 
 
5. Sequoia gigante (Sequoiadendron giganteum)

Situata nel Sequoia National Forest in California, vicina a The President, una delle più antiche piante del mondo ( Link all’articolo in cui ne parlo) raggiunge un’altezza di 95.7 metri.  Questa specie oltre ad essere molto longeva riesce a raggiungere ragguardevoli dimensioni  in altezza e diametrali.

4.  Sitka Spruce (Picea sitchensis)
Altra pianta di abete sikta, questa volta situata nel Prairie Creek Redwoods State Park in California, che raggiunge la considerevole altezza di 96.7 metri.  Seppur non a livello delle 10 piante più antiche del mondo, anche questa specie può raggiungere una considerevole età (circa 700 anni).

3. Doerner Fir (Douglasia, Pseudotsuga menziesii)

La Doerner Fir è situata in Oregon e raggiunge la considerevole altezza di 99.7 metri rendendola la Douglasia più alta del mondo.
Questa specie diffusissima in varie parti del globo è originaria del Nord America, da noi è stata importata nei primi del 900 ed è diventata una specie ormai tipica dei nostri boschi. Anche in Italia riesce a raggiungere considerevoli altezze (circa 50 metri) ed è spesso riconoscibile in quanto svetta al di sopra degli altri abeti.

2.  “Centurione” Eucalipto Australiano (Eucalyptus regnans)

Per soli 12 cm questa pianta supera la Doerner Fir piazzandosi al secondo posto con 99.82 metri; anche in questo caso l’eucalipto in questione è situato in Tasmania. La specie nativa del sud dell’Australia è biologicamente strutturata per raggiungere i 90 metri e superarli in quasi tutti gli individui, rendendola la specie arborea più di maggiore altezza al mondo.
L’unica pianta che è stata in grado di detronizzare questa specie è la seguente, la più alta al mondo finora conosciuta.

1.“Hyperion” Sequoia gigante (Sequoiadendron giganteum)

Situata nella Redwood National Park  questo gigante raggiunge un’altezza di ben 115.8 metri, ben più della statua della libertà (93 metri) e del Big Ben (96 metri). Questa pianta fu scoperta nel 2006 da due naturalisti Chris Atkins e  Michael Taylor. Ricerche nel tempo hanno mostrato come, il fattore principale che abbia impedito a questo gigante di crescere ancora, siano stati i danni causati sulla cima dai picchi. L’età stimata è di circa 800 anni. 



*eccetto che per le piante sul podio le altre immagini non rappresentano gli esemplari descritti ma solo esemplari della specie

Le foreste urbane

Recentemente ho letto un manuale prodotto dalla FAO sulla gestione delle foreste urbane, queste sono oggi ancora fortemente abbandonate quando in realtà, se correttamente gestite, sarebbero fonte di lavoro  e di grandi benefici per le persone che abitano in città. Buona Lettura.


Con il termine di foresta urbana si possono indicare tutti quei raggruppamenti arborei che formano boschi (naturali ed artificiali), gruppi di alberi, filari lungo i viali, parchi e giardini in ambito urbano e peri-urbano (FAO,2016), questi ambienti possono essere considerati come l’ossatura dell’infrastruttura del verde e ponte di collegamento tra le aree urbane con le rurali.
In considerazione di ciò si sta sviluppando il settore della Selvicoltura urbana e peri-urbana che punta al mantenimento e all’utilizzo di questi ambienti per scopi paesaggistici e produttivi.

I benefici del verde urbano
Fin dall’antichità le aree antropizzate presentavano aree pubbliche e private in cui si cercava di ricreare un ambiente naturale, questo fenomeno è perdurato nei secoli andando a formare aree come Central Park a New York o Hyde Park a Londra oppure, luoghi in cui l’impatto dell’uomo è più evidente, come i giardini di Versailles.
I benefici però ricavabili da questi luoghi sono gli stessi di un viale alberato o di un piccolo giardino privato, in proporzione alle estensioni di questi.
Gli alberi in ambiente urbano sono un’importante mezzo per il controllo del clima, se ben progettato il verde cittadino può riuscire a ridurre le temperature da 2 a 8°C (effetto isola, mediante l’evapotraspirazione e l’ombreggiamento), agisce da filtro contro gli inquinamenti atmosferici abbattendo i livelli di CO2 (150 kg annui per albero) e tramite l’assorbimento di metalli o altre polveri sottili, per i processi metabolici delle piante; anche a livello idrico e pedologico la pianta riesce ad agire da filtro, in quanto cattura ed immobilizza nel proprio legno gli agenti inquinanti delle acque e del terreno.   
Le aree versi possono avere anche un impatto sulla nostra produzione di energia in quanto, potenzialmente, riducono il consumo di aria condizionata nei periodi estivi anche del 30% e ridurre il consumo energetico per il riscaldamento dal 20 al 50%.
Non va dimenticato anche il ruolo psicologico che queste aree possono avere sulla popolazione, infatti, le aree verdi riescono ad avere un effetto benefico sia in termini di riduzione dello stress sia di abbassamento di pressione migliorando la qualità della vita e la salute delle persone.
Nel campo naturalistico, il verde, gioca un ruolo essenziale nel mantenere e sviluppare la biodiversità, creando habitat, protezione e fonte di cibo per animali. Un esempio eclatante è quello dell’avifauna urbana, che tramite gli alberi riesce a trovare riparo da predatori o  da agenti atmosferici, si ciba sulle chiome o ai piedi delle piante di frutti secchi o carnosi che queste possono produrre o agli insetti che possono vivere sulla pianta e per alcune specie può diventare un luogo riproduttivo tramite la formazione del nido. Non va dimenticata anche tutta quella fauna che compone la catena trofica legata a questi ambienti ovvero gli organismi vertebrati ed invertebrati.
I benefici del verde urbano non si fermano ai soli citati, si pensi anche all’incremento di valore delle abitazioni poste in aree verdi o con giardini di pregio o la creazione di posti di lavoro necessari al mantenimento e alla cura di questi ambienti. 

Schema dei benefici degli alberi in città prodotto dalla FAO

La selvicoltura in ambiente urbano
Spesso i proprietari di terreni o gli Enti pubblici sottostimano il valore che può avere una filiera del legno urbano, si pensi alla produzione di legna da ardere derivante da potature ed abbattimenti o la produzione di cippato per il riscaldamento (si stima circa 2t/ha derivante da potature), combustibili per riscaldamento che abbattono l’emissione di CO2 in quanto a “emissione zero” (la CO2 emessa dalla combustione del legno verrà riassorbita dalle piante per creare nuovo legno), racchiudendo il tutto in una filiera legno-energia.
Altro settore è quello del riciclaggio degli scarti verdi tramite compostaggi e quindi la reimmisione  sottoforma di terricci e fertilizzanti naturali riutilizzabili per orti sociali, giardini, aiuole pubbliche e altre entità che compongono la struttura verde delle città.
Questi fattori hanno quindi un impatto importante non solo a livello ambientale, ma ugualmente  a livello economico, dato che vengono a crearsi nuovi posti di lavoro tramite opportunità lavorative in nuovi campi che stanno prendendo man mano piede anche nel nostro pese (biocombustili, riutilizzo e riciclo di rifiuti verdi, ecc…).


Come investire nel verde
Secondo uno studio della FAO, le foreste urbane possono contribuire ad aumentare significativamente la crescita di economie verdi, lo studio pubblicato sul manuale “Guidelines of urban and peri-urban forestry” mostra come un singolo albero apporti un beneficio stimabile in 50$ per anno (utilizzando come parametri solamente il risparmio energetico  e la riduzione di anidride carbonica), per ogni dollaro investito nel settore verde, prosegue lo studio, il ritorno economico è stimabile da 1.4$ a 3$.
Per raggiungere questi traguardi è necessario però fissare degli obbiettivi specifici; il primo passo è una corretta pianificazione e gestione del territorio tramite la redazione e aggiornamento di piani strutturali e di regolamenti urbanistici, è inoltre necessario una politica regionale che definisca dei modelli guida per poter sviluppare la pianificazione a livello Comunale in maniera da essere omogenea sul territorio.
Si deve quindi cercare di implementare obiettivi volti al “turning grey to green”, magari con il sostegno sia alla creazione di nuove aziende volte alla green economy urbana sia al mantenimento dell’operatività aziendale durante i primi periodi di attività mediante anche sgravi fiscali per i benefici ambientali apportati.
È quindi importante, affinché investire nel verde abbia successo, pianificare aree a costi di manutenzione contenuti nel tempo, creare filiere o multi filiere interne alla città dove vengono sfruttati i prodotti legnosi-non legnosi nei vari ambiti di applicazione, cosi da abbattere costi di trasporto e valorizzare il lavoro locale.
È importante, per noi e per le generazioni future, iniziare a gestire correttamente il verde delle nostre città, vedendolo come uno strumento atto al miglioramento della nostra vita sotto tutti gli aspetti, in primis la lotta all’inquinamento e al cambiamento climatico in modo da agevolare anche le future generazioni nel mantenere il nostro pianeta. 




Come gestire il proprio bosco


Può capitare a molte persone di essere in possesso di un terreno boschivo, spesso ereditato da nonni o genitori, del quale non si sa cosa farsene. Questa breve guida vuole spiegare l'iter corretto da seguire per mettere a frutto un bene che ha sempre un certo valore. Buona Lettura.

Quando si parla di taglio boschivo nell’immaginario collettivo questo evento è sempre visto come negativo, si pensa sempre che tagliare un bosco porti alla distruzione di questo e a quello che viene definito disboscamento. Niente di più sbagliato.
Schianti da vento in una pineta di Pino nero abbandonata
Le normali operazioni selvicolturali, come ad esempio il taglio del bosco ceduo con il rilascio di matricine, non sono altro che modi di coltivare correttamente il bosco, un bosco mai tagliato va incontro a fenomeni di degrado che si possono portare a schianti di piante di grosse dimensioni, piante morte in piedi, elementi questi che favoriscono il propagarsi degli incendi nel periodo estivo o il formarsi di epidemie che possono devastare un’intera area anche per centinaia di ettari, ed infine fenomeni franosi.
L’ultima affermazione può risultare strana ai più, in quanto siamo abituati a sentire che le frane si formano perché sul terreno non c’è copertura delle piante e quindi le radici non trattengono il suolo e questo risulta vero fino ad un certo punto.
Quando il bosco cresce tende ad aumentare la propria massa nel tempo grazie agli sviluppi diametrali e in altezza, se questo viene lasciato libero di crescere il peso delle piante inizia a diventare insostenibile per il terreno e la zona tende a franare se soggetta a forti piogge.
Questo fenomeno avviene per un mix di fattori ed è evidenziato principalmente nelle zone appenniniche; il primo fattore è sicuramente le dimensioni (inteso come grandezza delle piante) del bosco, il secondo è la pendenza su cui questo si trova ed il terzo è il clima. Maggiore è la pendenza minore è il peso sostenibile dal terreno e quindi più facilmente si avrà un evento franoso. Il terzo
Ceppaia di latifoglia con vari polloni
fattore in questo caso è un po’ un jolly in quanto, tramite eventi piovosi o il disgelo di nevi si scatenano i vari processi che portano alla frana. Infatti appesantendosi ulteriormente a causa dell’acqua, il terreno, scivola a valle non riuscendo le radici a trattenere ormai il peso.
Risulta quindi importante saper gestire correttamente il proprio bosco per evitare danni anche alle proprietà limitrofe e saper mantenere un bene che è un’effettiva risorsa.

Gestione del bosco: individuare la proprietà
Il primo passo per gestire adeguatamente il proprio bosco è sapere dove questo si trovi e quali sono i suoi confini. Sembra un’affermazione sciocca, ma spesso per mia esperienza capita di imbattersi in proprietari che non conoscono la propria proprietà. Si procede a creare una cartografia, disponibile presso gli uffici catastali (come estratto di mappa) o chiedendola ad un professionista del settore, che evidenzi le particelle catastali, da un primo sopralluogo verranno poi estrapolati i dati di viabilità, impluvi, fossi e specie presenti cosi da avere un primo quadro generale dell’area e verrà effettuato il confinamento dell’area.
Quando si ha a che fare con un terreno agricolo il confinamento di questo risulta piuttosto facile, ma quando si ha a che fare con un bosco la situazione si complica; intanto questo non sempre è accessibile per mancanza di strade o per difficoltà a entrare nella boscaglia, secondariamente individuarne i confini può risultare complicato se il terreno è piuttosto scosceso o presenta fossi o rupi.

Gestione del bosco: gli obiettivi
Come secondo punto è necessario porsi degli obiettivi gestionali che si vuole raggiungere, anche in questo caso la consulenza di un professionista del settore potrà aiutarvi nella scelta, sia che questa sia ricada in ambito produttivo sia naturalistico.
Una volta scelti gli obiettivi gestionali da seguire, sarà necessario raccogliere i dati necessari per svolgere le adeguate operazioni selvicolturali.

Gestione del bosco: la stima della massa legnosa e di incremento
A questo punto si valuta quanto in termini di massa legnosa è presente sul proprio terreno.
Per fare ciò il professionista si avvale di una strumentazione apposita come il cavalletto dendrometrico per misurare i diametri delle piante e l’ipsometro per  misurare le altezze.
Una volta raccolti questi dati il professionista sarà in grado tramite un’accurata elaborazione di
Bosco ceduo di carpino nero invecchiato
stimare un volume legnoso e il suo aumento nel tempo al fine di programmare accuratamente gli interventi.
A seconda della superficie di cui si è proprietari potrebbe essere necessario un adeguato piano di gestione (per superfici sopra i 100 ha) o un piano di taglio per superfici inferiori ai 100 ha ma con una certa consistenza (in entrambi i casi necessario un Dottore Forestale per poter progettare tali interventi).
Questi elaborati progettuali sono essenziali per poter gestire ampie superfici in quanto razionalizzano gli interventi, avendo cura di mantenere costante nel tempo il bosco e la produzione di questo.


Gestione del bosco: gli interventi selvicolturali
Il bosco se sufficientemente maturo può fornire a seconda delle specie presenti e dell’accesso a questo un’entrata extra tramite il taglio.
Come detto in precedenza il taglio non vuol dire disboscamento. Nel caso delle latifoglie queste dopo l’intervento rinasceranno da se senza alcun bisogno di reimpianti grazie alla loro capacità pollonifera, per quanto riguarda le conifere, è necessario effettuare degli appositi tagli detti di sementazione che hanno l’obiettivo di far rinnovare nel corso degli anni il bosco in maniera naturale, a fine ciclo si ha delle piante più vecchie, in caso di mancata rinnovazione si effettuano i rimboschimenti (obbligatori per legge dove si tagliano le conifere), in quanto dove vi è bosco deve rinascere il bosco.
Solitamente uno degli interventi selvicolturali più eseguiti per le latifoglie è il taglio del ceduo con il rilascio di matricine, in questo caso si asporta quasi tutta la massa legnosa presente rilasciando  in piedi un certo numero di piante identificate dalla normativa vigente e tramite la disposizione delle ramaglie in lunghe fasce parallele alle curve di livello per impedire ruscellamenti durante le piogge o che si creino eventi franosi in quanto, tale disposizione, evita o rallenta l’erosione dell’acqua. 
Per quanto riguarda le conifere vengono effettuati dei diradamenti dal momento di impianto fino a che non raggiungono l’età adulta (questa varia a seconda della conifera presente)
Taglio raso di una fustaia di pino e abete mai diradata
, fino al taglio di utilizzazione finale, dove una rinnovazione da seme dovrebbe già essere presente e si elimina il vecchio impianto per fare posto al nuovo. In caso di assenza di diradamenti questo procedimento non è possibile, le piante risultano molto snelle e quindi è necessario asportare tutto il soprassuolo rinnovandolo artificialmente con piante di vivaio forestale certificato, queste gratuite per i privati cittadini.


Gestione del bosco: i vari passaggi dell’iter burocratico
Per prima cosa se si vuole far tagliare il proprio bosco è necessario rivolgersi ad Dottore Forestale per la valutazione del proprio bosco.
Secondariamente è necessario trovare un tagliatore interessato, in questo processo il professionista che vi segue può indirizzarvi sulla ditta boschiva che meglio fa al caso vostro, una volta che è stato effettuato il sopralluogo con il boscaiolo si arriva alla trattazione vera e propria.
Vera quindi presentata un’offerta monetaria, da parte della ditta boschiva, del valore della legna presente al netto dei costi sostenuti dal boscaiolo, in termini tecnici si compra il bosco “in piedi”.
Impianto di douglasia mai diradato
Nel caso si trovi l’accordo le due parti firmeranno un contratto di compravendita dove il proprietario risulti tutelato al 100% in caso di danni causati dal tagliatore, il contratto viene solitamente redatto da un Dottore Forestale insieme alla documentazione necessaria per i permessi.
Attualmente sono presenti due tipi di permesso per il taglio boschivo: la dichiarazione di taglio e l’autorizzazione di taglio, i parametri secondo cui va presentata una o un’altra variano  a seconda dei vari regolamenti forestali regionali.
In Toscana la dichiarazione di taglio viene effettuata per le operazioni selvicolturali entro i 5 ettari e solo per i boschi cedui, se presentata da un professionista iscritto all’ordine dei Dottori Agronomi e Forestali già dal giorno successivo la ricezione di questa da parte dell’amministrazione è possibile iniziare i lavori, altrimenti se presentata da privato non abilitato sarà necessario attendere il parere dell’amministrazione.
Per quanto riguarda l’autorizzazione di taglio questa è necessaria per gli interventi che possono avere un maggiore impatto o che sono comunque ritenuti necessari di maggiore controllo. Ricadono in autorizzazione le aperture di strade forestali, il taglio delle conifere, i diradamenti, i tagli dei boschi cedui superiori a 5 ettari ed altri interventi di natura forestale. L’autorizzazione deve essere corredata, nella maggior parte dei casi, da un progetto redatto e timbrato da un Dottore Forestale e può essere acquisita in alcuni casi per silenzio-assenso o tramite rilascio di autorizzazione da parte dell’ente dopo 45 giorni.